Il mercato immobiliare secondo The Economist…..

“A picture with dramatic chiaroscuro.” È questa la frase – davvero indicativa – che si legge nell’incipit del report del settimanale inglese “The Economist”: come ogni anno, la rivista ha fatto il punto in merito all’andamento del mercato immobiliare di tutto il mondo. Pur con le dovute eccezioni, la situazione è ovunque complicata, benché mentre negli Stati Uniti emergano prospettive incoraggianti, per l’Europa e l’area euro le preoccupazioni sono maggiori.

Stati Uniti, mercato in miglioramento

Dopo anni di cali, negli Stati Uniti si tira finalmente il fiato. La crisi del mattone, che dal 2007 è stato uno dei fattori scatenanti della depressione americana, ha visto la sua prima inversione di tendenza. Rispetto al 2011, il 2012 segna un +4,3%: merito della politica della Federal Reserve, che ha mantenuto ai minimi storici i tassi da applicare ai mutui erogati dalle banche USA. Visti gli esiti positivi di questa politica è molto probabile che la Banca centrale americana la mantenga inalterata almeno per i mesi a venire.

Europa, dove si soffre e dove no

Non sta così bene, di contro, il mercato immobiliare europeo, anche se con le dovute eccezioni: il mercato del credito, pur tenuto sotto il controllo della BCE, è strutturato in maniera peculiare nelle diverse nazioni e risente delle difficoltà che il singolo Stato sta vivendo in questo momento di difficoltà economica. A soffrire particolarmente, secondo l’Economist, è la Spagna, il cui mercato immobiliare è quello che registra il calo maggiore: -9,3% in un anno, che si aggiunge al -5,5% del 2011. L’irrazionalità dell’evoluzione del mercato immobiliare iberico, con un eccesso di abitazioni costruite negli ultimi anni e non vendute, insieme ai forti tassi di disoccupazione (siamo al 26,6%, il peggiore di tutta l’UE) e alla contrazione del credito hanno “congelato” il mercato immobiliare – tanto da far registrare un calo dei prezzi del 24,3% – e costretto il governo a correre ai ripari.

Preoccupano, tuttavia, non solo i cosiddetti Pigs – quei Paesi europei con una precaria condizione dei loro conti pubblici, con alto debito pubblico e scarsa competitività economica – ma anche le nazioni che sembravano aver sentito meno la crisi globale. Soffrono i Paesi Bassi, ma soffre anche la Francia, dopo aver registrato un forte calo delle compravendite immobiliari: nel 2005 erano 829.000, nel 2012 sono state 655.000. In controtendenza, invece, la Germania: qui i prezzi sono aumentati del 2,7% rispetto al 2011, e anzi in zone dalle forti prospettive di crescita i margini di incrementi sono nell’ordine del 17%. Ad avvantaggiare i tedeschi è la stabilità dell’economia della nazione, che vanta anche uno dei tassi di disoccupazione (5,4%) più bassi d’Europa.

E in Italia?

I prezzi delle case superano del 12% il potere d’acquisto degli stipendi degli Italiani: è questo l’assunto più interessante che l’Economist usa per descrivere il nostro Paese. Messi a confronto, infatti, i prezzi medi di acquisto degli immobili e gli stipendi degli Italiani risultano parecchio sbilanciati, tanto da rendere difficoltoso l’accesso al credito per l’acquisto di casa. Cosa significa questo? Che per rimettere in piedi il mercato immobiliare occorre che i prezzi continuino a scendere ancora, fino al 12%. Ciò, tuttavia, nonostante i prezzi del mattone siano già scesi del 4% nel corso dell’anno, addirittura dell’11,3% dal 2007 (apice dei prezzi di vendita registrato negli ultimi anni) ad oggi. Da noi, va ricordato, la discesa dei prezzi ha preso il via leggermente più tardi rispetto agli altri Paesi, nel terzo trimestre del 2008.

Fonte: immobiliare.it | Vittoria Giannuzzi | 15 gennaio 2013

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